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Attenzione educativa all' alunno con bisogni educativi speciali in un istituto professionale secondario. Studio di caso

por Dora Pascale, Luisa

Libro
ISBN: 9788416642816

Il fine della mia ricerca è stato esaminare e riflettere sul tema della attenzione alla persona con disabilità nel settore scolastico, con una considerazione particolare, però, per un’ampia tipologia di alunni definiti e menzionati con l’aggiunta dei termini: Bisogni Educativi Speciali (BES). Ciò è stato reso possibile per mezzo di un’analisi di dati di tipo qualitativo, desunti dall’Istituto Professionale Secondario di Lucera, in provincia di Foggia. I quesiti principali a cui la ricerca ha tentato di fornire una risposta sono i seguenti:
• Esiste oggi una reale possibilità di inclusione sociale?
• Quali strategie attivare per realizzare l’inclusione scolastica e sociale dell’allievo BES?
• La scuola opera per l’inclusione dell’allievo BES? Collaborano tutte le componente scolastiche per attivare reciproche sinergie?
• Qual è la dimensione dei benefici? Tali sinergie rispondono al bisogno che le ha determinate?
• Quali processi organizzativi e didattici la scuola mette in atto per rispondere alle necessità di un alunno che abbia necessità educative speciali?
• L’istituzione scolastica risponde in maniera formale o reale a quelle che sono le necessità educative speciali? E’ una realtà formale o reale?
Teoricamente, sia sul piano legislativo che su quello scientifico, ci sono tutte le premesse per la realizzazione di una reale inclusione degli alunni BES, così come viene raffigurata in base al modello di scuola inclusiva, scuola comprensiva e scuola per tutti (Unesco, 2009), e così come definita dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel modello ICF, basato su un esemplare che porta ad un superamento delle categorie diagnostiche tradizionali. Praticamente, ciò che ancora manca nelle istituzioni scolastiche e nel sociale è la comprensione e la consapevolezza del più profondo ed esteso significato in merito agli aspetti conoscitivi di una diagnosi dell’alunno BES che, dovrebbe essere, più ampia, più comprensiva e più rispondente a quella che è una reale situazione di BES e di difficoltà. Questa carenza impedisce una concreta e piena inclusione del discente BES. La scuola ha raggiunto ragguardevoli esiti in termini di accrescimento di alunni nella scuola dell’obbligo e d’inclusione degli alunni BES, ma malgrado ciò, essa non è un posto per tutti, così come ampiamente evidenziato dagli esiti delle ricerche dell’ISTAT, dell’OECD e di diversi organismi.
Lo studio di caso mi è sembrato la strategia di ricerca migliore per rispondere alla domanda del come l’intero complesso scolastico vive e applica l’inclusione dell’alunno BES. Peculiarità dello studio di caso è quella di non avvalersi di un’unica metodica di raccolta dei dati, quanto piuttosto di essere fondato su molteplici e differenziate prove, raccolte con strumenti differenti; una raccolta di dati effettuata direttamente sul campo da prospettive diverse, attraverso strumenti quali l’intervista e l’osservazione. Il contesto dello studio di caso è quello italiano. L’attenzione si è concentrata su un contesto di analisi costituito da personale docente, alunni BES con rispettive famiglie, corpo direttivo della scuola, tutti considerati un insieme di soggetti interagenti. L’analisi dei dati ha compreso tutte le operazioni atte a consentire la convergenza dei dati qualitativi verso le iniziali domande di ricerca.
Da questi dati è emerso che l’inclusione è un processo disorganico ed incompleto, in quanto collegato ai progetti e alle volontà individuali delle persone che orbitano nel mondo scolastico, spesso improvvisati e di breve durata a causa del notevole cambio di docenti e dalla scarsità di formazione del personale. Ulteriori cause sono la mancanza nelle scuole della predisposizione di un’offerta formativa equilibrata atta a fornire risoluzioni appropriate; assenza di collaborazione da parte delle famiglie, senza la quale un progetto educativo non può essere realizzato e il cui intervento è necessario, perché la famiglia rappresenta una notevole fonte d’informazione ed un soggetto significativo, rilevante ed indicativo per poter completare il quadro educativo; una inconsistente considerazione sia della valutazione educativa dello studente che di quella dell’istituto; scarsità di azioni di organizzazione e cooperazione a livello di collettività locale tra le differenti risorse della società e della comunità del posto.

In sintesi, se ne evince che l’inclusione è sempre stata ideata solo in maniera normativa e non si è capito, invece, che una buona inclusione può essere soltanto il frutto ed il risultato di una collaborazione comune, connessa ad una consapevolezza e ad un impegno unitario di cambiamento, da parte del mondo politico, culturale e scolastico.


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Il fine della mia ricerca è stato esaminare e riflettere sul tema della attenzione alla persona con disabilità nel settore scolastico, con una considerazione particolare, però, per un’ampia tipologia di alunni definiti e menzionati con l’aggiunta dei termini: Bisogni Educativi Speciali (BES). Ciò è stato reso possibile per mezzo di un’analisi di dati di tipo qualitativo, desunti dall’Istituto Professionale Secondario di Lucera, in provincia di Foggia. I quesiti principali a cui la ricerca ha tentato di fornire una risposta sono i seguenti:
• Esiste oggi una reale possibilità di inclusione sociale?
• Quali strategie attivare per realizzare l’inclusione scolastica e sociale dell’allievo BES?
• La scuola opera per l’inclusione dell’allievo BES? Collaborano tutte le componente scolastiche per attivare reciproche sinergie?
• Qual è la dimensione dei benefici? Tali sinergie rispondono al bisogno che le ha determinate?
• Quali processi organizzativi e didattici la scuola mette in atto per rispondere alle necessità di un alunno che abbia necessità educative speciali?
• L’istituzione scolastica risponde in maniera formale o reale a quelle che sono le necessità educative speciali? E’ una realtà formale o reale?
Teoricamente, sia sul piano legislativo che su quello scientifico, ci sono tutte le premesse per la realizzazione di una reale inclusione degli alunni BES, così come viene raffigurata in base al modello di scuola inclusiva, scuola comprensiva e scuola per tutti (Unesco, 2009), e così come definita dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel modello ICF, basato su un esemplare che porta ad un superamento delle categorie diagnostiche tradizionali. Praticamente, ciò che ancora manca nelle istituzioni scolastiche e nel sociale è la comprensione e la consapevolezza del più profondo ed esteso significato in merito agli aspetti conoscitivi di una diagnosi dell’alunno BES che, dovrebbe essere, più ampia, più comprensiva e più rispondente a quella che è una reale situazione di BES e di difficoltà. Questa carenza impedisce una concreta e piena inclusione del discente BES. La scuola ha raggiunto ragguardevoli esiti in termini di accrescimento di alunni nella scuola dell’obbligo e d’inclusione degli alunni BES, ma malgrado ciò, essa non è un posto per tutti, così come ampiamente evidenziato dagli esiti delle ricerche dell’ISTAT, dell’OECD e di diversi organismi.
Lo studio di caso mi è sembrato la strategia di ricerca migliore per rispondere alla domanda del come l’intero complesso scolastico vive e applica l’inclusione dell’alunno BES. Peculiarità dello studio di caso è quella di non avvalersi di un’unica metodica di raccolta dei dati, quanto piuttosto di essere fondato su molteplici e differenziate prove, raccolte con strumenti differenti; una raccolta di dati effettuata direttamente sul campo da prospettive diverse, attraverso strumenti quali l’intervista e l’osservazione. Il contesto dello studio di caso è quello italiano. L’attenzione si è concentrata su un contesto di analisi costituito da personale docente, alunni BES con rispettive famiglie, corpo direttivo della scuola, tutti considerati un insieme di soggetti interagenti. L’analisi dei dati ha compreso tutte le operazioni atte a consentire la convergenza dei dati qualitativi verso le iniziali domande di ricerca.
Da questi dati è emerso che l’inclusione è un processo disorganico ed incompleto, in quanto collegato ai progetti e alle volontà individuali delle persone che orbitano nel mondo scolastico, spesso improvvisati e di breve durata a causa del notevole cambio di docenti e dalla scarsità di formazione del personale. Ulteriori cause sono la mancanza nelle scuole della predisposizione di un’offerta formativa equilibrata atta a fornire risoluzioni appropriate; assenza di collaborazione da parte delle famiglie, senza la quale un progetto educativo non può essere realizzato e il cui intervento è necessario, perché la famiglia rappresenta una notevole fonte d’informazione ed un soggetto significativo, rilevante ed indicativo per poter completare il quadro educativo; una inconsistente considerazione sia della valutazione educativa dello studente che di quella dell’istituto; scarsità di azioni di organizzazione e cooperazione a livello di collettività locale tra le differenti risorse della società e della comunità del posto.

In sintesi, se ne evince che l’inclusione è sempre stata ideata solo in maniera normativa e non si è capito, invece, che una buona inclusione può essere soltanto il frutto ed il risultato di una collaborazione comune, connessa ad una consapevolezza e ad un impegno unitario di cambiamento, da parte del mondo politico, culturale e scolastico.


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